Ethnomusicology or Transcultural Musicology?

di Giovanni De Zorzi – RIVISTA ITALIANA DI MUSICOLOGIA (LIII – 2018)

Perspectives on a 21st Century Comparative Musicology: Ethnomusicology or Transcultural Musicology?, a cura di Francesco Giannattasio e Giovanni Giuriati, Udine, Nota, 2017 (Intersezioni musicali)

Per collocare questo volume nel suo giusto contesto è importante partire dalla collana di cui esso fa parte, Intersezioni musicali, sempre più un punto di riferimento per musicologi, musicisti e appassionati. Intersezioni ospita lavori in diverso formato (cd book, dvd o libri più ‘canonici’, come questo) concepiti dall’Istituto Interculturale di Studi Musicali Comparati (IISMC) della Fondazione Giorgio Cini di Venezia, pubblicati dall’editore Nota di Udine. Bene: a oggi (2017) la giovane collana comprende già quattro cd book di musica classica ottomana, registrati dall’ensemble Bîrûn diretto da Kudsi Erguner; un dvd a cura di Stephen Jones intitolato Folk Daoist Ritual Music of North China. The Li Family Daoist Band; un volume curato da Nicola Biondi intitolato A Descriptive Catalogue of Sanskrit Manuscripts in the Alain Daniélou Collection at the Giorgio Cini Foundation e, infine, il volume di autori vari che ci si accinge a recensire.

Perspectives on a 21st Century Comparative Musicology nasce dalla selezione di alcuni interventi che si tennero nel corso di tre seminari internazionali dell’IISMC: Perspectives on a 21st Century Comparative Musicology: Ethnomusicology or Transcultural Musicology? (2013), Living Music: Case Studies and New Research Prospects (2014) e Musical Traditions in Archives, Patrimonies, and New Creativities (2015). Anche in questo caso appare doveroso collocare i tre recenti seminari nel loro contesto, ossia la serie di incontri annuali di etnomusicologia iniziati nel lontano 1995 e diretti da Francesco Giannattasio. Nel tempo, gli incontri veneziani sono diventati un appuntamento annuale di respiro internazionale, e non è dunque un caso che il libro sia interamente in lingua inglese, lingua nella quale vennero proposti gli interventi dei singoli studiosi e, allo stesso tempo, lingua che consente al volume una circolazione che esorbita dai confini nazionali, come accade sempre più spesso alle ricerche dell’etnomusicologia italiana.

Nel corso dei tre seminari veneziani emerse un tema ricorrente, ossia la necessità di un radicale ripensamento, anche su un piano teoretico ed epistemologico, di quella giovane e irrequieta disciplina che fu definita negli anni Cinquanta del secolo scorso ‘etnomusicologia’. I motivi per un simile ripensamento sono diversi e ben esposti in questo volume. Mi sembra il caso di anticiparne almeno due: innanzitutto il contesto globale, profondamente mutato dal 1950 a oggi, nel quale termini e concetti come ‘folk’, ‘popolare’, ‘colto’, ‘tradizionale’, ‘etnico’ 247

hanno man mano cambiato valore, e continuano anzi a mutare vorticosamente e incessantemente. Il secondo motivo è dato dall’obsolescenza di quei paletti e di quegli steccati che dividono la musicologia in ‘musicologia storica’ (che si occupa soprattutto di fonti e documenti scritti), in ‘etnomusicologia’ (che si basa soprattutto su fonti orali) e nei popular music studies (che si basano soprattutto sui nuovi media): sono ormai troppi i casi di interazione fra questi tre campi per poter ancora continuare con queste divisioni. Alcuni esempi: molte sono le forme di scrittura musicale sviluppatesi in tradizioni non europee che devono oggi essere indagate sia con metodi e strumenti tipici della musicologia storica, sia con metodi e strumenti tipici dell’indagine etnomusicologica e antropologica. Allo stesso modo, in ambito ‘storico’ non sembra più possibile accontentarsi del solo dato scritto, continuando a ignorare le dimensioni della performance e della cinesica, per le quali è possibile avvalersi di metodi di indagine collaudati da tempo in ambito etnomusicologico. Le registrazioni su supporti di vario tipo (dischi a 78, 33 e 45 giri, cd, mp3) di là dai media sono divenute nel tempo veri e propri testi, sui quali è possibile condurre analisi anche prescindendo dalla tipologia del repertorio (si pensi solo alle incisioni di tre dive come Maria Callas, Billie Holiday e Umm Kulthum), e che soprattutto sfuggono alla vetusta opposizione orale/scritto. Vanno aprendosi inoltre nuovi e importanti campi di ricerca transculturali e ‘trasversali’ che si basano su dati commerciali, ovvero sulle vendite, sul tipo di mercato, sulle campagne pubblicitarie, sulle promozioni, sui video (dai musicarelli ai video di opere liriche, sinfonie e balletti sino al frullato di MTV) così come sulle analisi sociologiche dello star-system che oramai accomuna tutti i generi musicali, nessuno escluso.

Lasciamo i voli pindarici e riavviciniamoci al volume, notando come esso sia idealmente diviso in due parti: la prima, più teorica, propone alcuni possibili approcci allo studio delle musiche contemporanee «in una prospettiva globale, comparativa e transculturale». Alle questioni poste dal denso saggio introduttivo di Francesco Giannattasio, intitolato Perspectives on a 21st Century Comparative Musicology: An Introduction, rispondono vari studiosi internazionali, esponenti di ambiti di studio diversi, non esclusivamente etnomusicologici. Inizia Wolfgang Welsch con Transculturality – The Puzzling Form of Cultures Today; seguono Timothy Rice con Toward a Theory-Driven Comparative Musicology; Lars-Christian Koch con Tonsinn und Musik. Carl Stumpf Discourse on the Mind as a Condition for the Development of Ethnomusicology and Erich Moritz von Hornbostel Proposals for Music-Psychological Examination; Steven Feld con On Post-Ethnomusicology Alternatives: Acoustemology; Jocelyne Guilbault con The Politics of Musical Bonding. New Prospects for Cosmopolitan Music Studies. Conclude la prima sezione del volume Jean-Loup Amselle con From Métissage to the Connection of Cultures.

La seconda è decisamente più ‘sul campo’; in questa sezione, infatti, numerosi studiosi italiani presentano le loro riflessioni riferendosi alle rispettive ricerche effettuate in due contesti italiani individuati come casi di studio: l’area della provincia di Napoli e quella del Salento. Aprono due saggi di Giovanni Giuriati (Some Reflections on a New Perspective in Transcultural Musicology: The Area of Naples as a Case 248

Study e The Music for the Festa dei Gigli in Nola). Seguono poi un saggio di Claudio Rizzoni, Tradition and Reframing Processes in the Madonna dell’Arco Ritual Musical Practices in Naples, e uno di Giovanni Vacca, Songs and the City. Itinerant Musicians as Living ‘Song Libraries’ at the Beginning of the 20th Century in Naples: The ‘Posteggiatori’. Conclude il focus sulla tradizione napoletana Raffaele Di Mauro con Identity Construction and Transcultural Vocation in Neapolitan Song: A Living Music from the Past?. Maurizio Agamennone propone due saggi che introducono il lettore all’area del Salento. Il primo si intitola Current Research in the Salentine Area: An Introduction, mentre il secondo An Historical Perspective on Ethnomusicological Enquiry: Studies in the Salento. Conclude questa ulteriore sottosezione Flavia Gervasi con Rhetoric of Identity and Distinctiveness: Relations between Aesthetic Criteria and the Success of Salentine Musicians in the Contemporary Folk Revival.

Complessivamente questo ottimo volume rappresenta una tappa nel processo che porterà, si spera in tempi brevi, al superamento, avvertito ormai come sempre più urgente, delle divisioni fra settori scientifici disciplinari, in nome di una più matura visione d’insieme, decisamente e semplicemente ‘transculturale’.