Federico Sirianni – Maqroll

Abbastanza per caso. Mi trovavo a Udine ospite di amici e, prima di andare a dormire, ho cercato qualcosa da leggere nella loro libreria. Tra i tanti volumi c’era questo “Trittico di mare e di terra”. Mi incuriosiva il titolo, che pareva quello di un menu da trattoria; l’autore Alvaro Mutis, che conoscevo solo di nome. In quel frangente ho incontrato “Maqroll”; credo di avere letto il libro almeno tre volte nella notte, accogliendo l’alba quasi senza accorgermene. Il gabbiere mi è stato immediatamente familiare, una piccola folgorazione. In un periodo di poca luce creativa, ho pensato che quel marinaio esperto di naufragi e della sopravvivenza ad essi potesse essere una buona guida per un nuovo viaggio. E così è stato.
Negli ultimi anni mi pare tu ti sia molto avvicinato al mondo delle cover. Lo hai fatto per una ricerca delle tue radici, lo hai fatto per amore? Lo hai fatto perché quelle canzoni avresti magari voluto scriverle tu?
E poi, sì, il disco non è solo un disco, ma è anche un libro: ho coinvolto una serie di amici fra scrittori, poeti e illustratori, chiedendo loro di regalarmi una personale visione del tema che ricorre dall’inizio alla fine dell’album, ovvero l’incollocabilità. Ne è uscita una vera e propria antologia di cui sono molto felice. Infine, lo spettacolo, nella forma di teatro-canzone che mi è familiare da sempre e che quest’estate ha visto la produzione del Teatro Pubblico Ligure con la regia di Sergio Maifredi.
E infine, come Maqroll, vivo gli accadimenti della vita non più con le aspettative febbrili di quando si è giovani, ma con quella condizione esistenziale che Mutis definisce “disperanza”, una forma di superamento del disincanto, etica e lontana da ogni cinismo, in cui ogni lieve conquista dello spirito rappresenta una forma di bellezza e sorpresa.
Sintetizzare in poche righe questo progetto del cantautore genovese Federico Sirianni è una impresa molto complessa, perché si deve tenere conto di molti elementi; il rischio è perdersi, anche dietro le proprie fantasie. Perché in effetti siamo di fronte ad un progetto che permette a chi ascolta di viaggiare a sua volta, di riconoscersi, di imbarcarsi e naufragare. Quale uomo, infatti, non ha avuto nella vita l’idea chiara di essere trasportato da un’onda? Chi non ha scelto di naufragare, chi non è tornato mille volte a Itaca per poi ripartire subito verso le Colonne d’Ercole? Anche solo col pensiero, col desiderio, con la fantasia. Siamo in qualche modo tutti esseri soli, arrampicati sull’albero più alto della nave, a sistemare la vela, a scorgere per primi i delfini, gli atolli e i relitti o a perdersi in un increspato orizzonte, come il Gabbiere Maqroll. Questo album, quindi, è un lavoro che come prima cosa suscita desiderio di sogno e di poesia e già solo per questo è un’opera degna di grande attenzione. Qua non si intende dire che “Maqroll” è un lavoro poetico, ma che questo – al di là del giudizio estetico – è un lavoro intellettuale per eccellenza, un lavoro letterario nel senso stretto del termine. E non tanto perché è accompagnato da un libro che raccoglie i contributi di poeti, scrittori e illustratori (sarebbe interessante approfondire anche su questo piccolo volumetto, ma purtroppo non abbiamo né lo spazio né il tempo), e nemmeno perché è ricolmo e straripante – e molto probabilmente in maniera consapevole – di citazioni, di conoscenze, di letture, magari consumate in qualche hotel sperduto di paese… ma perché mai come in questo caso, il concept album è proprio un’opera letteraria, che nasce da un’esigenza interiore di narrare il proprio mondo attraverso storie e immagini. Non importa che si parli in prima persona o che ci si racconti attraverso le gesta di un personaggio di fantasia come il Maqroll dei romanzi dello scrittore colombiano Alvaro Mutis, come ha fatto Federico. Un’opera letteraria è tale quando quel mondo si incontra con gli uomini che hanno bisogno di qualcuno che trascriva i propri sogni, le proprie paure, i propri naufragi, il proprio amore. Questo disco vi riesce in pieno. Difficile, in questo contesto, fare un’analisi passo per passo e pezzo per pezzo. “Maqroll” è indivisibile in realtà, è un racconto e un flusso di pensieri, ricordi, analogie, malinconie, alienazioni. Si parla qui di “incollocabilità”, che è poi la condizione di chi, in ogni luogo geografico o del cuore si trovi, deve sempre e necessariamente guardare oltre la finestra e sperare di prendere il mare. Viaggiatori, artisti, pazzi, vagabondi, uomini (e donne) soli, diversi, alienati e alienisti, intellettuali, poeti: tutti siamo o potremmo essere anche solo per qualche istante Maqroll. E lo è senza dubbio Federico Sirianni, che questa volta deve essersi riconosciuto totalmente, al punto da perdere ogni inibizione, dando sfogo anche alla verbosità, che, dobbiamo dirlo, non stona mai, è in linea con il vestito musicale sempre, e qualche volta si fa smargiassa di sapere. Bisogna saperlo fare: è un gioco pericoloso che nei progetti di certi principianti rende ridicoli. E che invece nel caso di Sirianni rende autorevoli. Si apprezza infine particolarmente il lavoro non facile nella costruzione del sound di questo album: la produzione artistica del violista Raffaele Rebaudengo, compositore degli GnuQuartet, e quella elettronica di FiloQ – tutta intesa a riprodurre i suoni e anche un po’ i colori del mare – è particolarmente felice, proprio a fronte di un racconto così intenso: qui il suono non invade il testo ma mantiene una riconoscibilità; non tappeto musicale quindi, ma intreccio. E del resto una canzone d’autore è l’incontro di musica e parole, in un tempo piccolo, per raccontare storie. Una piccola opera letteraria come, ribadiamo, il Maqroll di Federico Sirianni.