L’acrobata rischia sempre di apparire un monstrum, qualcosa o qualcuno che non sta nelle leggi di natura, nella leggerezza imponderabile con cui sembra eludere le leggi della fisica e il fardello recalcitrante della forza di gravità. L’acrobata sta in bilico tra due mondi, quello uranico che è dimensione del cielo e dell’altezza, quello ctonio che lo lega alla terra e al rischio dello sfacelo nella caduta al suolo, quando tutta la leggerezza può in un momento tramutarsi nel suo opposto. In musica non sono molti coloro che riescono a mantenere tale un equilibrio acrobatico. Si pensi, nel jazz, all’opera di Charles Lloyd, nell’art rock a quanto ha seminato in mezzo secolo Robert Wyatt e, nell’altrettanto complesso mondo delle musiche che chiamiamo “folk” a una figura cardinale come Giovanna Marini.